Uno squillo di troppo

Uno squillo di troppo

Uno squillo può essere utile e attirare la tua attenzione, ma troppi squilli possono essere un’interruzione insopportabile.

Gestire la comunicazione non è semplice, se senti che interferisce con la tua produttività è decisamente tempo di metterci mano.

Come mi avrai sentito dire spesso non tutti messaggi devono arrivare nello stesso modo, ogni messaggio ha il suo mezzo di comunicazione.

Gestire in modo diverso chat, telefonate e mail è il punto cardine per non sentirti in balia delle interruzioni.

Andiamo sul pratico e vediamo tre aspetti che è utile considerare parlando di comunicazione:

 

FAI SAPERE DOVE, COME E QUANDO

 

La chiarezza è fondamentale, in particolare quando si tratta di confini.

In questo caso fa sapere quando ti si può disturbare e quando no.

Non è quindi maleducato o poco professionale far sapere se non leggi mail e messaggi in determinati momenti.

Far sapere che hai un orario di lavoro particolare può essere utile se, ad esempio, è diverso da quello della maggior parte delle persone.

Allo stesso modo, far sapere che hai un canale preferenziale di comunicazione e che non li usi tutti e altrettanto fondamentale, anche qui basta dirlo.

Si tratta sempre di una forma di educazione, nel senso che educa chi ti contatta a sapere quando sei disponibile.

Quindi, quando hai a che fare con qualcuno che non ha mail lavorato con te, fai subito sapere dove, come e quando gestisci la comunicazione.

  • “Se mi mandi un messaggio via WhatsApp sappi che non ho modo di rispondere in tempi brevi. Lo leggerò e ti risponderò quando mi sarà possibile” Ndr: quando in agenda avrò impostato uno slot “messaggi WA”
  • “Se hai bisogno di chiamarmi al telefono, fissiamo un appuntamento telefonico, così potrò dedicarti tutto il tempo necessario e non un minuto al volo” Ndr: tratta le telefonate alla stregua delle riunioni, perché di fatto lo sono.
  • “Non ho modo di rispondere alle telefonate al mattino, per favore, chiama solo il pomeriggio, dalle 15 alle 18”. Ndr: non esserci sempre, non vuol dire non essere disponibile – alterna momenti aperti e chiusi.

Inutile dire che se non vuoi proprio non essere contattato tramite un canale non devi attivarlo.

Non occorre avere tutti i profili social attivi, non occorre essere su tutte le chat di messaggistica, non occorre avere tutti i contatti attivi nel sito web o nel biglietto da visita: scegli ciò che usi e dove vuoi farti trovare, elimina il resto.

 

SFRUTTA LA TECNOLOGIA A TUO VANTAGGIO

 

Le regole le hai definite, come farle sapere è un dettaglio tecnologico.

Nei canali che non usi, ad esempio nelle chat di alcuni social o in un messaggio in segreteria, imposta dei risponditori automatici che dicano che non leggi o ascolti i messaggi con frequenza e che è molto più utile contattarti via… e qui scegli tu.

Puoi pensare di mettere anche un piccolo annuncio fisso in alto o nella descrizione del profilo se ritieni che questa sia una regola indispensabile per la tua comunicazione, ad esempio su WhatsApp “non per lavoro” o “no vocali”.

Riepiloga le tue disponibilità di tempo in calce alle mail se ad esempio hai orari di lavoro specifici e imposta risposte automatiche in determinati momenti del giorno o della settimana se non puoi rispondere con celerità.

Se fissare gli appuntamenti è per te stressante usa app come Calendly per dare con semplicità dei momenti nei quali sei disponibile a fissare degli incontri.

 

PIANIFICA LA TUA COMUNICAZIONE

 

Quando hai deciso di esserci però… ci devi essere.

Quindi rispondere al telefono, ai messaggi a tutte le tue forme di comunicazione.

In parole semplici significa:

  • avere dei momenti in agenda in cui guardi specificatamente le mail;
  • avere dei momenti in agenda in cui leggi e rispondi ai messaggi nelle chat;
  • se usi uno strumento come calendly per fissare gli appuntamenti, tienilo sotto controllo;
  • quando sai che potrebbe esserci un’interruzione per una chiamata fare un lavoro che è interrompibile;
  • dopo ogni momento in cui hai deciso di non essere raggiungibile prevederne uno in cui lo sei.

 

La comunicazione è parte di noi, può sembrare un’interruzione e basta, ma pensaci: è spesso fonte di nuovi input, di confronto e anche di belle notizie.

Quindi, organizza gli aspetti meno positivi, e concentrati sul lato bello che può avere!

 

 

Foto di Daniel Korpai – Unsplash
Mail mangia tempo

Mail mangia tempo

“Non finisco mai di leggere le mail”

“Ogni volta che apro l’inbox perdo delle ore”

“Non riesco a pianificare il lavoro sulle mail, magia tutto il mio tempo”

Potrei andare avanti con molti altri esempi, li sento dire spessissimo dai miei clienti. 

C’è da dire che con i lavori del giorno d’oggi effettivamente le mail che si ricevono sono tante, spesso troppe a causa di una gestione un po’ troppo frettolosa del mezzo: mail scritte al volo senza una chiara struttura, mail non rilette, mail alle quali mancano allegati, mail con troppi destinatari o senza separazione tra i campi a e cc, mail che sembravo essere messaggi istantanei.

Tutti questi aspetti riguardano le regole della comunicazione.

C’è però un aspetto che riguarda la gestione del lavoro: come spesso ti dico, esistono tanti tipi di lavoro, e per quanto riguarda la mail, ne esistono tre.

Se li conosci e li distingui nella tua pianificazione giornaliera aumenterai incredibilmente la tua produttività.

 

LETTURA DELLE NUOVE MAIL

Questa è la parte che normalmente viene classificata come lavoro sulle mail. È quello che fai non appena apri la tua casella di posta.

Una piccola precisazione prima di passare al dunque: fai in modo che i tuoi devices siano sincronizzati, cosicché l’organizzazione dell’inbox sia sempre lo stesso ed eviterai di fare confusione e doppio lavoro.

Inoltre:

  • non leggere le mail come prima cosa al mattino;
  • non leggere le mail mentre stai arrivando al lavoro;
  • non leggere le mail di lavoro nel tuo tempo libero;
  • non leggere le mail come ultima cosa della giornata.

Bene, arriviamo al momento in cui, fatta la rana e l’urgenza, ti dedichi alla lettura delle mail.

Leggile una ad una e decidi per ognuna cosa fare, non passare a quella dopo se non hai preso la decisione per la prima mail;

  1. se non ti interessa eliminala;
  2. se è una mail di spam, bloccala, disiscriviti o fai un filtro, eviterai di riceverne altre di simili
  3. se ti interessa ma non ci devi fare nulla, metti un’etichetta “da leggere” o spostala nella cartella “da leggerle”;
  4. se ti interessa e l’azione richiesta richiede meno di due minuti, falla e poi archivia o elimina;
  5. se ti interessa e l’azione richiede più di due minuti, mettila nella lista delle cose da fare, manda una mail ponte (grazie del messaggio, ti farò sapere entro venerdì) se necessario, e passa alla mail successiva.

Quest’elenco ti suona famigliare? Certo! È la base del GTD, una delle tecniche di produttività più note e molto efficaci, e nella gestione dell’inbox è perfetta!

Come vedi si tratta di leggere le mail e prendere delle decisioni, oltre a svolgere il lavoro più veloce, quello dei due minuti.

Ti faccio notare che non c’è ancora un vero e proprio lavoro nei compiti più corposi.

E qui sta la questione: il fatto di occuparsi delle cose da fare non è parte di questo tipo di lavoro, e finché non farai questa differenza, non darai la giusta produttività al tuo lavoro. Questo è il momento in cui vagli le cose da fare, non te ne occupi.

Il tempo dedicato alla lettura delle nuove mail deve essere breve in termini di tempo e ripetuto con una frequenza regolare, più o meno intensa a seconda del tuo tipo di lavoro.

Ma è indispensabile sia un momento di lavoro vero e proprio, perché se al contrario aspetti che arrivi la notifica per aprile le mail, o ogni volta che ne arriva una apri la mail, stai solo sprecando tempo ed energia. Molto meglio farlo una tantum per tutte le nuove mail.

 

LAVORO SULLE MAIL

Il lavoro sulle mail non è necessariamente consequenziale alla lettura delle mail, ma è altrettanto indispensabile.

Deve cioè esserci un momento nella tua giornata di lavoro nel quale ti dedichi ad affrontare le questioni delle mail di più di due minuti, che altro non sono che veri e propri punti di una to do list, sono cioè compiti da svolgere, al pari di tutti gli altri, che semplicemente sono arrivati dalle mail, e che gestirai esattamente come tutte le altre incombenze lavorative.

Qui sta il nocciolo della questione: occuparsi delle mail non vuol dire fare tutto ciò che è richiesto, piuttosto si tratta di eseguire la prima scrematura.

Il passo successivo è eseguire i punti della to do list che dalla mail sono conseguiti.

In termini di pianificazione probabilmente di giorno in giorno ti dedichi a uno, due, tre compiti, ma capita che tra le sessioni di lavoro non ce ne sia una dedicata ai compiti che emergono dalle mail. Questo è l’errore tattico che fa sì che le mail vengano percepite come una perdita di tempo, un peso e un lavoro infinito. Perché di fatto il lavoro su di essere non è previsto in agenda ed è confuso con il lavoro di lettura delle nuove mail.

Ora che sei consapevole della differenza sai anche che la soluzione è definire degli slot di tempo per entrambi i tipi di lavoro, di durata e frequenza differenti.

 

LETTURA DELLE MAIL

L’ultimo tipo di lavoro sulle mail è quello che si occupa delle mail che ti interessano, ma sulle quali non devi fare nulla, quelle cioè che basta che tu legga perché sei in copia carbone o perché sono aggiornamenti o newsletter.

Ecco che per queste può essere prevista una sessione di “lavoro di aggiornamento” che può essere meno frequente e può avvenire nei momenti di bassa energia o a chiusura della giornata, sono infatti tendenzialmente cose che non hanno scadenza o se ce l’hanno sono lunghe.

 

 

Lavorare sulle mail è un momento di lavoro importante e quanto più sarai consapevole che è fatto di tanti tipi di lavoro diversi, tanto più potrai suddividerlo correttamente nell’arco della giornata giocando a favore della tua produttività.

E se fai ancora fatica o vuoi organizzare meglio il flusso di lavoro con la tua posta elettronica, che dici di farmi una telefonata? Ti aspetto!

 

 

Foto di Solen Feyissa su Unsplash

 

Ti mando un vocale

Ti mando un vocale

Suona come una minaccia? Per me il più delle volte sì.

Non ho amato da subito i vocali e tutt’ora non li amo in toto. Li trovo molto spesso una perdita di tempo, ma soprattutto credo che stiano cambiando la società.

Quante volte per strada vedi qualcuno con il cellulare a metà tra il viso e l’orizzonte pronti a registrare “mmm… dunque… ora ti dico…”
E quante altre volte senti voci alterate da una velocità 2x, 4x?

Ecco… forse non tutte le situazioni giustificano un audio, ma ce ne sono altre in cui vale veramente la pena usare questo tipo di comunicazione.

 

VALE LA PENA SE

 

Vale la pena registrare un audio se ciò che devi dire è un messaggio che va spiegato. A parole molte volte ci spieghiamo meglio rispetto a quando scriviamo. La scrittura merita più tempo, più precisione e a volte, paradossalmente, più parole.

Vale la pena se la comunicazione è davvero asincrona. Ad esempio, lascio un messaggio a qualcuno che so che in quel momento non lo può ascoltare. Di ritmi lavoro/non lavoro diversi? Problemi di fuso orario? Ecco che lasciare un messaggio può essere utile. Soprattutto se il destinatario ha piacere di compagnia o di sentire la tua voce, per cui un messaggio registrato ha un valore in più: spesso la voce, il tono ci regala un’emozione o una coccola. Allo stesso modo una chiacchierata in forma di vocali tra amici ci sta. E per il lavoro… una mail va benissimo in questi casi 😉

Vale la pena anche in casi urgenti quando scrivere è un problema: camminando per strada ad esempio. Occhio però ai rumori di sottofondo e a non farla diventare un’abitudine!

 

NON VALE LA PENA SE

 

Non vale la pensa se è un botta e risposta: telefona piuttosto.

Non vale la pena se ci sono altri modi più efficaci per questa comunicazione. Un vocale è molto moderno, alla moda, ma questo non significa che i “vecchi” sistemi di comunicazione non siano più validi. Telefonate, mail, messaggi e incontri veri e propri hanno tutti le loro funzioni e il messaggio deve essere veicolato attraverso il sistema più adatto.

È il contenuto della comunicazione a determinare il mezzo, non viceversa.

Se è una scusa per evitare la pigrizia di scrivere. Nessuno di noi ama perdere tempo al cellulare e ascoltare un audio significa investire lo stesso tempo impiegato nella registrazione. Al contrario, se scrivi bene (in modo chiaro, sintetico e corretto) fai risparmiare tempo. Ci hai mai pensato?

Ecco questa è la caratteristica principale che vorrei evitare in un audio, che diventasse una pigrizia nello scrivere, che non ci desse più la possibilità di fare mente locale su ciò che vogliamo comunicare e sul farlo in modo chiaro, sintetico e corretto, come anticipavo prima.

Anche se non è a mano, anche questa scrittura permette di fare chiarezza nei pensieri.

 

Se è proprio la pena di mandare un vocale, ecco cinque regole d’oro per renderlo efficace e piacevole per chi lo ascolta:

  1. Chiarisciti le idee

Evita “sbrodolamenti” dovuti al fatto di non esserti chiarito il contenuto del messaggio prima di far partire la registrazione. Quindi no ai “mmmm” “allora” e via dicendo.

  1. Sintesi prima di tutto

Anche se è un vocale, evita di ripetere più volte il concetto, se non è chiaro può essere riascoltato. Una sintesi finale ci sta, una ripetizione dei concetti in forma diversa anche no.

  1. Tempo al tempo

Non aspettarti mai che la risposta a un vocale sia istantanea, in caso contrario avresti dovuto chiamare. Dai il tempo di ascoltare e di pensare la risposta.

  1. Prepara chi ti ascolta

Contestualmente al vocale lascia un messaggio dicendo di cosa parlerai e, se lo fai in un gruppo, a chi è diretto il messaggio. Così farai in modo che i destinatari possano scegliere il momento migliore per ascoltarlo.

  1. Ok, ma che non sia un’abitudine

L’ho detto, ma lo ripeto. Scegli di mandare un vocale con intenzione, quindi fallo solo quando serve e comunica questa cosa, non dire “scusa se ti mando un vocale”, che è un modo per far irritare chi ti ascolta dicendo “so bene che non dovrei farlo ma”. Un inizio migliore potrebbe essere “ti mando un vocale perché … e devo dirti 3 cose: a, b, c.”

 

Hai capito che non amo i vocali, ma che li uso anch’io. Se lo faccio cerco di essere quanto più rispettosa possibile nei confronti di chi mi ascolta. E se anche tu odii le interruzioni come me, da oggi ci penserai una volta in più prima di avviare la registrazione e spero tu possa fare tuoi anche i cinque punti che ti ho descritto.

Ce ne sono altri per te fondamentali? Scrivimeli nei commenti!

 

 

Photo by Tran Mau Tri Tam- Unsplash
Quanti archivi esistono?

Quanti archivi esistono?

Facciamo un po’ di ordine sul tema archivi, nel senso che non sono tutti uguali, non funzionano tutti allo stesso modo, ma soprattutto non è utile avere tutto insieme senza dividere le cose nelle diverse tipologie di archivio.

L’archivio funziona un po’ come la regola del bersaglio per la scrivania.

La ricordi?

Le cose che usi di più vanno vicine a te, a portata di mano, ma non nello spazio vitale di movimento delle mani, poi, meno le usi, più le puoi allontanare.

Allo stesso modo puoi procedere con i tuoi dati e quindi con i tuoi archivi distinguendo queste tre tipologie.

 

ARCHIVIO CORRENTE

Un archivio corrente contiene gli elementi utili per lavorare sui tuoi progetti in corso.

Quindi ci saranno tutte le cartelle dei progetti aperti, ma anche le cartelle con i tuoi elementi di lavoro più correnti: format, immagini, database…

Questa raccolta di dati deve essere facilmente raggiungibile, aggiornata e completa. Di questo insieme di elementi ti consiglio di fare spesso un buon back up, e anche di averlo in cloud, così da essere veramente sicuro di poter raggiungere i tuoi dati di lavoro in ogni momento da tutti i tuoi dispositivi.

Poi, sul come organizzarla, su quale cloud scegliere e come gestire la sincronizzazione possiamo parlarne e c’è molto da dire. Ma, parlando in generale di archivi, posso dirti che questo è il primo step. Come vedi non è sul tuo desktop, ma sul primo livello di raccolta.

Se non si parla di file, ma di materiali cartacei saranno fogli raccolti in quaderni e raccoglitori vicinissimi alla tua scrivania, ma non nel luogo dove scrivi.

Qui come P.O. ti posso aiutare molto: la produttività personale dipende anche dal saper gestire al meglio il proprio archivio corrente, in estrema sintesi, dal trovare ciò che serve al momento giusto.

La chiave di quest’archivio è dunque l’uso: in base a come usi e cerchi gli elementi dovranno essere strutturate cartelle e sottocartelle. Inutile aggiungere che dovrà essere quanto più semplice e intuitivo possibile.

 

ARCHIVIO DI DEPOSITO

Un luogo dove archivi ciò che non usi più.

Si tratta sia dei dati di clienti con i quali non lavori più, sia dei tuoi documenti di lavoro superati: progetti conclusi o non più attivi.

Se sono cartacei si tratta già di quaderni e faldoni che stanno bene in un armadio o in una libreria, non certo sulla scrivania, anche se possono trovare posto in un luogo vicino al proprio luogo di lavoro.

Se sono file possono essere anche su un supporto separato e facilmente collegabile.

In casa possono essere gli archivi delle bollette, delle visite mediche…

Al lavoro le fatture, i lavori con clienti non più attivi…

In tutti i casi si tratta di elementi che nel tempo potrebbero essere tenuti, e passare in un archivio storico, o eliminati. A seconda di questa distinzione si può pensare una differente organizzazione.

La cosa importante in questo tipo di archivio è mettere delle buone basi per organizzare gli elementi: il fatto che i dati non siano più utili al lavoro corrente, non vuol dire che si debba creare un marasma disorganizzato.

Ecco che le regole base di ordine, completezza e semplicità devono essere maestre nell’organizzazione di questi elementi. Tutte le procedure che ti racconto per chiudere il tuo lavoro, i tuoi progetti servono proprio a creare archivi di deposito funzionali e utili.

 

ARCHIVIO STORICO

Questo è un archivio di ciò che è importante tenere e che non è più in uso. Questi elementi sono destinati alla conservazione permanente.

In un archivio casalingo sono ad esempio gli atti di compravendita di immobili, i certificati di laurea, e, lasciamelo dire, anche alcune fotografie di famiglia.

In un archivio di lavoro oltre ai documenti relativi alle compravendite e alla definizione degli aspetti fondanti dell’azienda, ente o libera professione, anche tutti quegli elementi che hanno segnato uno step fondamentale per la storia personale o aziendale.

Qui un P.O. ti può aiutare nel capire come gestire al meglio lo spazio o l’archiviazione di base, ma per completezza ci tengo a dirti che ci sono delle figure specializzate in questo: coloro che fanno parte dell’Associazione Nazionale Archivisti Italiani. Lo sapevi?

 

Ecco che ancora una volta ti racconto come un P.O. non elimina e basta, a volte sì lo fa, ma altre volte lavora per organizzare e rendere funzionale.

Dopo averti rincuorato, dimmi… come stanno i tuoi archivi? Funzionano per le tue necessità? È forse tempo di metterli in ordine? Intanto inizia a distinguere questi tre!

 

 

Photo by Erik Mclean – Unsplash
Archiviare o eliminare?

Archiviare o eliminare?

Quando ti parlo di procedure di riordino uno dei punti è spesso “archivia o elimina il documento” Se non è il documento può essere la mail, il concetto rimane lo stesso.

Questo perché una vera chiusura, un riordino importante, si chiude proprio con il fatto di non avere più tra le mani l’elemento, ma con averlo destinato al suo posto corretto.

Come valutare però se qualcosa va eliminato o archiviato?

La scelta può non essere facile, e ci sono ragioni a favore di una scelta e ragioni a favore dell’altra. Vediamo di capire un po’ di più in che direzione andare.

 

ANCORE DI SICUREZZA

 

Spesso le cose vengono tenute “perché non si sa mai” o perché danno l’idea di essere una vera ancora di salvezza. Penso, ad esempio, a delle comunicazioni di ufficio, dove si preferisce che tutto sia scritto e che rimanga traccia. Non sarò io a dirti di no e a spingerti a eliminare queste comunicazioni, anche solo per la sensazione di sicurezza.

Ti faccio però riflettere sul fatto che quando serve è utile che siano facilmente rintracciabili.

Quindi sì a tenerle da parte, ma in un archivio per te chiaro, completo e facilmente consultabile. Ricorda infatti che archiviare male qualcosa equivale a cancellarla, nel senso che si perde in un caos generale.

Se è quindi utile tenerle da parte, non è altrettanto utile farlo per sempre. Ci saranno dei momenti in cui comunque potrai valutare di eliminare il tutto, magari proprio in blocco, ma questo sarà argomento di uno dei prossimi post, pazienta solo un po’.

 

MODELLI PER IL FUTURO

 

Puoi inoltre pensare di aver bisogno ancora di quella cosa in futuro, ad esempio dei i tuoi materiali di studio, riusare note e materiali creati in un momento di apprendimento facilita il processo di rinfrescare la memoria. Ecco che non può esserci consiglio migliore se non fai un corretto archivio delle tue note e dei tuoi materiali di studio.

Un secondo esempio è se credi di dover fare un lavoro simile in futuro e quindi pensi di riutilizzare determinati materiali. In questo caso i consigli sono due, il primo è: fai in modo che siano facilmente rintracciabili le versioni finali, ad esempio lasciando solo quelle in evidenza e raccogliendo le altre in una cartella dal titolo “versioni superate”, “old” o con un nome che ti aiuta a fare la distinzione.

Il secondo suggerimento è: crea un format, quindi dalla versione finale crea un documento base, un modello, sempre utile per quel tipo di progetto o di lavoro, così non dovrai ritrovare l’ultima versione del file e fare le modifiche.

Tieni presente che in questa versione, cioè in quella del format o modello, dovranno essere presenti tutte le modifiche necessarie, cioè anche quelle che hai valutato come miglioramenti. Lo dico perché spesso nella chiusura dei documenti si dimenticano le revisioni fatte in corsa nelle fasi finali dei progetti.

 

ARCHIVIO DI MEMORIA

 

Va tenuto anche ciò che è stato un punto cardine di un processo.

Se infatti sei partito da un’idea che poi si è sviluppata lungo una strada completamente diversa, o semplicemente l’idea si è evoluta in qualcosa di nuovo è bene tenere traccia delle tappe fondamentali del percorso.

Questo ti sarà utile per due ragioni, una è che ti ricordai quali sono stati i passaggi evolutivi di un percorso, da dove sei partito e cosa ti ha fatto poi prendere una strada diversa, e questo è importante per dare forza ai punti di arrivo, che saranno certamente nuovi punti di partenza.

La seconda ragione è che, va tenuta traccia dei momenti salienti di una storia per rispetto alla storia stessa. Che sia un progetto, un marchio, la propria storia personale, ci sono tappe che vanno ricordate e che è utile tenere a mente e gli archivi servono anche a questo. Quindi non eliminare le tappe di percorso, ma sfruttale come memoria.

 

 

A questo punto dirai, ma mi stai dicendo di tenere tutto!

Beh, pensavi forse che un professional organizer ti facesse eliminare e basta?

So bene che l’idea comune è questa, e che io stessa spesso ti esorto a fare leggerezza attorno a te, nelle cose materiali e in quelle mentali, ma di fatto molte cose sono la nostra storia e i nostri strumenti.

Questo è ciò che deve essere parte del tuo archivio, ciò che è bene rimanga con te in modo ordinato e funzionale.

Ciò che lo confonde e rende inutilizzabile questi importanti elementi è ciò che invece può essere eliminato.

Su come archiviare e come mantenere leggero l’archivio parleremo nel prossimi post del mese, non temere.

Nel frattempo, quando hai risposto a una mail, hai fatto una nuova versione di un documento, hai chiuso un progetto, hai rifatto il logo della tua azienda, chiediti “è una tappa?” se sì, pensa a come valorizzarla nel tuo archivio, se non lo è considera l’ipotesi di eliminare quella mail, quel documento, quei file.

 

 

Photo by Imani Bahati – Unsplash