Mail mangia tempo

Mail mangia tempo

“Non finisco mai di leggere le mail”

“Ogni volta che apro l’inbox perdo delle ore”

“Non riesco a pianificare il lavoro sulle mail, magia tutto il mio tempo”

Potrei andare avanti con molti altri esempi, li sento dire spessissimo dai miei clienti. 

C’è da dire che con i lavori del giorno d’oggi effettivamente le mail che si ricevono sono tante, spesso troppe a causa di una gestione un po’ troppo frettolosa del mezzo: mail scritte al volo senza una chiara struttura, mail non rilette, mail alle quali mancano allegati, mail con troppi destinatari o senza separazione tra i campi a e cc, mail che sembravo essere messaggi istantanei.

Tutti questi aspetti riguardano le regole della comunicazione.

C’è però un aspetto che riguarda la gestione del lavoro: come spesso ti dico, esistono tanti tipi di lavoro, e per quanto riguarda la mail, ne esistono tre.

Se li conosci e li distingui nella tua pianificazione giornaliera aumenterai incredibilmente la tua produttività.

 

LETTURA DELLE NUOVE MAIL

Questa è la parte che normalmente viene classificata come lavoro sulle mail. È quello che fai non appena apri la tua casella di posta.

Una piccola precisazione prima di passare al dunque: fai in modo che i tuoi devices siano sincronizzati, cosicché l’organizzazione dell’inbox sia sempre lo stesso ed eviterai di fare confusione e doppio lavoro.

Inoltre:

  • non leggere le mail come prima cosa al mattino;
  • non leggere le mail mentre stai arrivando al lavoro;
  • non leggere le mail di lavoro nel tuo tempo libero;
  • non leggere le mail come ultima cosa della giornata.

Bene, arriviamo al momento in cui, fatta la rana e l’urgenza, ti dedichi alla lettura delle mail.

Leggile una ad una e decidi per ognuna cosa fare, non passare a quella dopo se non hai preso la decisione per la prima mail;

  1. se non ti interessa eliminala;
  2. se è una mail di spam, bloccala, disiscriviti o fai un filtro, eviterai di riceverne altre di simili
  3. se ti interessa ma non ci devi fare nulla, metti un’etichetta “da leggere” o spostala nella cartella “da leggerle”;
  4. se ti interessa e l’azione richiesta richiede meno di due minuti, falla e poi archivia o elimina;
  5. se ti interessa e l’azione richiede più di due minuti, mettila nella lista delle cose da fare, manda una mail ponte (grazie del messaggio, ti farò sapere entro venerdì) se necessario, e passa alla mail successiva.

Quest’elenco ti suona famigliare? Certo! È la base del GTD, una delle tecniche di produttività più note e molto efficaci, e nella gestione dell’inbox è perfetta!

Come vedi si tratta di leggere le mail e prendere delle decisioni, oltre a svolgere il lavoro più veloce, quello dei due minuti.

Ti faccio notare che non c’è ancora un vero e proprio lavoro nei compiti più corposi.

E qui sta la questione: il fatto di occuparsi delle cose da fare non è parte di questo tipo di lavoro, e finché non farai questa differenza, non darai la giusta produttività al tuo lavoro. Questo è il momento in cui vagli le cose da fare, non te ne occupi.

Il tempo dedicato alla lettura delle nuove mail deve essere breve in termini di tempo e ripetuto con una frequenza regolare, più o meno intensa a seconda del tuo tipo di lavoro.

Ma è indispensabile sia un momento di lavoro vero e proprio, perché se al contrario aspetti che arrivi la notifica per aprile le mail, o ogni volta che ne arriva una apri la mail, stai solo sprecando tempo ed energia. Molto meglio farlo una tantum per tutte le nuove mail.

 

LAVORO SULLE MAIL

Il lavoro sulle mail non è necessariamente consequenziale alla lettura delle mail, ma è altrettanto indispensabile.

Deve cioè esserci un momento nella tua giornata di lavoro nel quale ti dedichi ad affrontare le questioni delle mail di più di due minuti, che altro non sono che veri e propri punti di una to do list, sono cioè compiti da svolgere, al pari di tutti gli altri, che semplicemente sono arrivati dalle mail, e che gestirai esattamente come tutte le altre incombenze lavorative.

Qui sta il nocciolo della questione: occuparsi delle mail non vuol dire fare tutto ciò che è richiesto, piuttosto si tratta di eseguire la prima scrematura.

Il passo successivo è eseguire i punti della to do list che dalla mail sono conseguiti.

In termini di pianificazione probabilmente di giorno in giorno ti dedichi a uno, due, tre compiti, ma capita che tra le sessioni di lavoro non ce ne sia una dedicata ai compiti che emergono dalle mail. Questo è l’errore tattico che fa sì che le mail vengano percepite come una perdita di tempo, un peso e un lavoro infinito. Perché di fatto il lavoro su di essere non è previsto in agenda ed è confuso con il lavoro di lettura delle nuove mail.

Ora che sei consapevole della differenza sai anche che la soluzione è definire degli slot di tempo per entrambi i tipi di lavoro, di durata e frequenza differenti.

 

LETTURA DELLE MAIL

L’ultimo tipo di lavoro sulle mail è quello che si occupa delle mail che ti interessano, ma sulle quali non devi fare nulla, quelle cioè che basta che tu legga perché sei in copia carbone o perché sono aggiornamenti o newsletter.

Ecco che per queste può essere prevista una sessione di “lavoro di aggiornamento” che può essere meno frequente e può avvenire nei momenti di bassa energia o a chiusura della giornata, sono infatti tendenzialmente cose che non hanno scadenza o se ce l’hanno sono lunghe.

 

 

Lavorare sulle mail è un momento di lavoro importante e quanto più sarai consapevole che è fatto di tanti tipi di lavoro diversi, tanto più potrai suddividerlo correttamente nell’arco della giornata giocando a favore della tua produttività.

E se fai ancora fatica o vuoi organizzare meglio il flusso di lavoro con la tua posta elettronica, che dici di farmi una telefonata? Ti aspetto!

 

 

Foto di Solen Feyissa su Unsplash

 

Produttività vs interruzioni

Produttività vs interruzioni

Oggi parliamo di interruzioni, quelle cose fastidiose che minano la produttività, quella di tutti.

“Mal comune, mezzo gaudio” dirai. In un certo senso sì ed è per questo che la gestione del tempo fa la differenza. La produttività personale dipende da tante piccole cose, ma il principio è sempre la consapevolezza e la gestione del tempo nel suo aspetto principale: la pianificazione.

Come è possibile pianificare le interruzioni?

Non lo è, ovviamente, ma questo non vuol dire che non sia possibile gestirle in modo pianificato.

 

IMPARA DA CHI LAVORA AL 118

 

Non so che mestiere tu faccia, ma a meno che tu non appartenga alla categoria del pronto intervento è difficile che un’ora o mezz’ora facciano la differenza. Per loro sì, ma sanno anche che quando non sono in servizio, il tempo è loro e lo è perché se non staccano la testa e non si dedicano ad altro, poi non saranno altrettanto bravi a trattare tutti i casi delicati, difficili che un 118 impone.

Questo significa che nel tuo lavoro tu sei autorizzato a non esserci sempre e puoi gestire il tuo lavoro in modo che ci siano momenti nei quali sei raggiungibile, diciamo disturbabile, quelli che chiamo momenti aperti, e altri no, che chiamo momenti chiusi.

 

Nei momenti aperti agli altri dovrai:

  • tenere le porte dell’ufficio aperte;
  • avere le notifiche accese;
  • avere la suoneria del telefono attiva;
  • fare lavori facilmente interrompibili, frazionabili;
  • in caso di lavori più lunghi, fare in modo che non siano comunque intellettivamente impegnativi e dotarti di una check list per tenere traccia di dove sei e non perdere il filo in caso di interruzione.

 

Nei momenti chiusi al contrario, sarà importante:

  • tenere le porte dell’ufficio chiuse;
  • non avere notifiche accese;
  • non avere suonerie accese;
  • dedicare questi momenti a lavori intellettivamente impegnativi, che richiedono tutta la tua attenzione;
  • fare in modo di arrivare a uno step di chiusura nel tempo a disposizione in modo da aprire e chiudere il lavoro, se lo interromperai a metà sarà comunque un colpo basso alla tua produttività.

N.B. La pausa è un extra, può essere chiusa o aperta, ma l’importante è che non sia fatta di lavoro!

 

VALE LA REGOLA DEI DUE MINUTI, MA SE È PER UNA COSA E BASTA

 

Come sai David Allen ci ricorda che se ci metti meno di due minuti a fare qualcosa, è molto meglio farla e basta. E questa rimane una regola d’oro per la produttività personale.

Ma se la tua giornata è piena di due minuti?

Ecco che entra in gioco la pianificazione.

Se le cose di due minuti sono troppo, è molto meglio interrompere l’attività in corso e dedicare un tempio più ampio, mezz’ora, un’ora, a sbrigare tutte le faccende di due minuti e quindi riprendere poi l’attività che si stava facendo.

Questo non lo dice solo la logica, ma è anche il principio base del GTD, che chiede di smaltire fin da subito le piccole attività, ma è anche il “foglio delle distrazioni” della tecnica del Pomodoro, che consiglia di interrompere il pomodoro in atto per dedicarsi a smaltire tutte le varie interruzioni quando diventano troppe nel foglio dedicato.

Come vedi l’interruzione è parte delle tecniche di produttività, è considerata e gestita. Al contrario, quando ne parlo con i miei clienti, pare sia sempre un problema del singolo ingestibile. È un problema di tutti e conoscendolo… lo si pianifica.

Se lo gestisci così avrai un ottimo ritorno in termini energetici, perché anche la tua mente sarà libera da tutte quelle piccole cose, di due minuti, che però hai a mente.

 

In sintesi:

  • Se è una falla
  • Se sono due annotale
  • Se sono tre o più, interrompi e dedica del tempo a tutte le piccole cose

 

PENSA PIÙ IN GRANDE

 

Se questo ragionamento lo pensi a livello di pianificazione settimanale, ecco che avrai un perfetto esempio di pianificazione verticale, con delle giornate dedicate al lavoro di concetto, non interrompibile e delle giornate di lavoro più frazionabile, interrompibile, di segreteria e simile.

Guarda un po’ anche questa è una tecnica ben studiata che ci suggerisce proprio di creare le giornate dedicate: al lavoro, alle commissioni e a noi.

Io condivido in pieno quest’approccio, ti consiglio in più di sommare comunque la regola dei ¾ prevedendo un tempo per l’imprevisto e, se il tuo lavoro lo necessita, di lavorare su mezze giornate e non sulle giornate intere, anche se sarebbe meglio dedicare l’intera giornata.

 

Hai fatto pace con le interruzioni?

Se non fosse così… meglio che ci lavoriamo su! Troveremo insieme la strategia giusta per te.

 

 

Photo by Javier Balseiro – Unsplash
Archi…tips!

Archi…tips!

Di archivi potrei parlarti per settimane, ma oggi voglio andare al sodo e darti tre elementi pratici per gestire meglio i tuoi dati.

Se li fai diventare un’abitudine, saranno organizzati nel modo più utile e funzionale per te.

Andiamo a vederli subito!

 

DATE

 

La data è fondamentale per capire quale sia la versione più recente e per ricordarti quando una cosa è accaduta. Vale per un’agenda, un diario, ma anche per una lista e… un elemento di archivio.

Solo che a volte possono essere utili per gestire l’archivio stesso. Lo diventano quando sono la chiave di ricerca principale per ritrovare un dato.

Ecco che per fotografie, rassegne stampa, raccolte ripetitive sono la cosa che permette di gestire l’ordine. Proprio perché sono così importanti diventano la cosa da scrivere per prima.

Qui ti aggiungo una nota… il come lo scrivi ti aiuterà ancora di più nell’ordine del tuo archivio e ti faciliterà il fatto di ritrovare i dati.

  • Se è la prima informazione ti consiglio la versione anno mese giorno così gli elementi andranno in ordine automatico.
  • Se invece è un elemento secondario giorno mese anno facilita la lettura. Mi è capitato di lavorare in strutture dove questi tre dati venivano scritti senza spazi, ma lo sconsiglio, perché, pare incredibile, ma non si percepisce quest’insieme di numeri come data.

 

NOME, MA ANCHE IL COGNOME

 

Spesso mi capita di notare che i nomi dei file sono giustamente collegati a chi li ha prodotti, ma in modo troppo familiare.

Facciamo un esempio molto semplice: la carta d’Identità.

Se è presente nei miei archivi personali come copia potrebbe essere “Carta Identità” o “CI” ma se la dovrò condividere dovrò aggiungere il mio nome, e qui scatta l’inghippo. Intanto il mio nome di battesimo non è poi così utile, forse il mio in particolare non rischia di essere confuso, ma in linea generale è molto meglio mettere sia il nome sia il cognome.

Anche qui però il concetto di metterlo prima o dopo dipende dall’uso. Nella maggioranza dei casi sarà un dato secondario quindi la versione più semplice è “Carta identità Selina Angelini” o “CI_Selina Angelini” (N.B. hai visto come ho usato spazi e underscore?).

Che lo usi tu o un’altra persona è probabile che lo cerchi perché è la carta d’identità e non perché è di Selina (Angelini).

Se lo nomini così fin dalla prima scansione sarà un elemento facile da condividere in velocità anche all’ultimo momento o con una mail dal cellulare senza dover ogni volta modificare il nome del file.

Fai tesoro di quest’esempio per documenti, curriculum e file di uso ricorrente.

 

PIÙ LO USI, PIÙ VA IN EVIDENZIA

Se utilizzi spesso un file fai in modo che sia realmente a portata di mano.
Come ti dico tante volte, tieni fuori dalle cartelle la versione più recente (aggiornata, si intende) e archivia, anche temporaneamente, il resto in una cartella di versioni “superate”.

Per la stessa ragione semplifica l’albero di cartelle per le cose che usi di più. Come sai il sistema di cartelle va creato in base al numero di elementi hai da archiviare: più sono, più sarà complesso, ma non vale la pensa cominciare subito in grande, anzi diventa controproducente. Quindi tieni a portata di mano, con un nome molto chiaro, ciò che usi.

Per la stessa ragione se tra tanti elementi c’è una selezione che ti interessa di più, mettila in chiaro, cioè in evidenza.

Un esempio?

  • In campo famigliare: delle fotografie che vuoi mostrare rispetto a tutte quelle scattate in vacanza.
  • Al lavoro: un rassegna stampa selezionata per una presentazione dell’azienda.

 

Spero che queste riflessioni ti rendano il tema archivi più piacevole e meno ostico.

E perché non ci facciamo due chiacchiere per fare in modo che i tuoi siano proprio utili a quello che serve a te?

 

Photo by Annie Spratt – Unsplash

Pianificare nell’incertezza?

Pianificare nell’incertezza?

Le emergenze capitano, i momenti difficili anche. E sono proprio queste le occasioni che ci mettono alla prova come persone e che indirettamente testano i metodi organizzativi.

Che dici, ti senti parte di questo discorso? È capitato anche a te? Come hai reagito?

È molto probabile che il focus delle tue azioni sia stato proprio ad affrontare l’emergenza, di fatto questa diventa la priorità numero uno e assorbe tutte le energie e il tempo.

Ma quando l’emergenza non è una cosa così veloce, che si risolve in una giornata o al massimo qualche giorno, come è possibile conciliarla con la normale quotidianità?

In emergenza il “non urgente” rimane indietro e se poi è una cosa che è importante per te e non urgente il più delle volte esce proprio dalla lista delle cose da fare. Quante volte in un momento di crisi, infatti, si rinuncia al tempo personale, alle attività che fanno piacere e che ti danno un po’ di carica in più?

Ecco che torna ancora più forte il ragionamento di prima, sì, ci sta, è corretto, ma nel momento in cui si fronteggia l’emergenza, cioè in un periodo di tempo limitato. Altrimenti si finisce per esaurire tutte le energie. Quindi in questi casi, che si fa?

Si pianifica!

“Nel prepararsi per una battaglia ho sempre scoperto che i progetti sono inutili, ma la pianificazione è indispensabile.”

Dwight Eisenhower

Pare un controsenso, ma tanto più un periodo è difficile e complesso, più è utile avere un piano e ora vorrei condividere con te una vera e propria strategia di pianificazione nell’emergenza.

Ricordi che dico sempre che il tempo non va pianificato per la totalità ma solo per i 3/4? Questo principio, una vera e propria regola per i P.O., rimane sempre valida, nel senso che un quarto di lasco, dedicato agli imprevisti, è sempre utile. Anzi, aggiungo, ora più che mai. Un po’ per la legge di Murphy, un po’ perché, quando si è in difficoltà gli imprevisti pesano ancora di più, questo quarto di tempo “libero” dai impegni predefiniti e dedicato alle cose dell’ultimo momento diventa salvifico.

Per quanto riguarda il tempo rimanente ti suggerisco di divederlo con due fette da 2/4 (che poi è 1/2, la metà del tuo tempo) e 1/4.

La prima fetta la dedichi al lavoro quotidiano, così da non rimanere indietro e a svolgere comunque le cose prioritarie della tua to do list.

La seconda fetta, più o meno grande a seconda del livello di emergenza, la dedichi a pianificare la soluzione dell’emergenza stessa. Sì, il primo passo sta nella creazione del piano d’azione e nella valutazione di tutti i piani B necessari.

Se ci pensi, infatti, le cose più urgenti e dell’ultimo minuto le hai svolte nel quarto dedicato agli imprevisti, le priorità nella metà del tempo dedicato al lavoro quotidiano, ora non ti resta che mettere la testa nel problema e capire come risolverlo al meglio.

Il fatto di avere un vero e proprio tempo dedicato alla pianificazione dell’emergenza ha una sua importanza, ti permette di:

  • ragionare a mente fredda;
  • valutare le alternative;
  • capire quali sono i prossimi passi da fare;
  • decidere quali fare, come e quando.

In breve… pianificare ti permette di fare una scelta ragionata e ponderata anche quando l’emergenza riduce l’oggettività.

Se ci pensi ti solleva dalle emozioni importanti e spesso negative che un momento difficile o un’emergenza portano con sé.
Per questo è importante che questo tempo segua gli altri due, altrimenti non potrai avere la mente sgombra da pensieri negativi e sufficientemente libera dallo stress per poterci veramente “mettere la testa”, con tutta l’oggettività necessaria a risolvere un problema.

Ecco che in momenti di emergenza è utile una pianificazione 1/4 per l’imprevisto, 2/4 per il lavoro sulle priorità e 1/4 per la pianificazione dell’emergenza o del “momento difficile” che, non serve dirlo, servirà per progettare le soluzioni che poi si metterai in atto nel lavoro ordinario e prioritario dei giorni successivi.

Non sottovalutare mai l’importanza di pensare e pianificare le cose, è sempre un tempo investito, più la fai con la testa, più veloce ed efficace sarai dopo!

p.s. E se i quarti così ti mettono già in difficoltà… passa a un terzo, un terzo e un terzo, si ricorda più facilmente e funziona comunque!

 

 

Photo Andrei Slobtsov – Unsplash

Lavorare in emergenza

Lavorare in emergenza

Capita a tutti di lavorare in emergenza, con una scadenza troppo vicina, in balia dell’imprevisto o con un compito importante e urgente dell’ultimo minuto. Lo stress si fa sentire, l’errore è dietro l’angolo…

Come evitare di essere in balia degli eventi e mantenere comunque il controllo della situazione?

Usare lo stress in modo positivo!

 

Cosa vuol dire? Vuol dire che lo stress di per sé non è una cosa negativa, anzi, è uno stimolo, ma va sfruttato in questo senso senza che diventi troppo e da positivo si converta in negativo e quindi diventi un fattore immobilizzante.

Ecco tre consigli più uno che possono tornarti utili.

 

Il primo consiglio è sempre lo stesso: fai una cosa alla volta.

Non pensare che perché la scadenza si sta avvicinando è arrivato il momento di tirare fuori anche il vestito da super eroe. Il modo migliore per lavorare comunque in modo efficace e produttivo è proprio quello di fare una cosa alla volta, e come ti dico sempre, fino in fondo.

Il secondo è: rifletti sulle tue priorità.

Se avessi un’ora sola di lavoro, sono certa sapresti come investirla.

Con questo intendo dire che intimamente le priorità sono chiare, ma spesso avendo un buon tempo a diposizione capita di aggiungere molte cose, meno importanti, ma che involontariamente vengono considerate come prioritarie.

Ricorda ciò che dice David Allen: tutti avremo sempre più cose da fare del tempo che disponiamo, a noi la scelta di cosa tenere e cosa no.

Il terzo, viene da sé, ed è: concentrati e lavora bene.

Due sono le accezioni del terzo consiglio, la prima significa “aiutati a rimanere sul pezzo”.

Questo è assolutamente il momento di eliminare notifiche, telefonate extra e qualsiasi cosa possa essere per te una distrazione.

La seconda accezione è “lavora come lo sai fare”. Non è questo il momento di provare tecniche nuove, usare nuovi software, scegliere strade non note, sperimentare nuove ricette. Ho resto il concetto direi… tutti noi quando facciamo qualcosa che sappiamo fare bene, lo facciamo comunque più velocemente e con meno errori. Può non essere la strada migliore, ma in questi casi è la più efficace e spesso la più veloce.

Se invece è proprio il caso di fare qualcosa di nuovo, il suggerimento è quello di capire come fare, studiando le istruzioni da cima a fondo con attenzione, anche perdendoci un po’ di tempo in più per poi ripartire dall’inizio e agire.

Questa è pur sempre una forma di pianificazione e, se stai facendo una cosa nota la fai mentalmente, al contrario, se è una novità, apprendere tutte le informazioni necessarie prima ti aiuta ad avere un quadro più competo: leggere tutto il bando, vedere con attenzione un tutorial, arrivare in fondo alla mail di una convocazione… non è tempo perso, è tempo investito.

 

Non posso che chiudere ricordandoti il detto “fatto è meglio di perfetto”.

In questi casi l’efficacia è d’obbligo, quindi sì a lavorare bene, no a puntare alla perfezione con extra inutili. Raggiunto il risultato, fermati.

 

 

Fai tuoi questi quattro passi e ricorda che dopo un lavoro in emergenza è il momento di prendersi una pausa, una di quelle vedere. Poi a mente serena e tranquilla potrai analizzare quanto hai fatto e valutare se c’è qualcosa da fare meglio la prossima volta o, ancora meglio, cosa fare per evitare di essere in emergenza.

Non farti spaventare dall’emergenza, piuttosto impara a lavorare bene anche in questa occasione!

 

 

Photo by Katarzyna Kos – Unsplash