Ti mando un vocale

Ti mando un vocale

Suona come una minaccia? Per me il più delle volte sì.

Non ho amato da subito i vocali e tutt’ora non li amo in toto. Li trovo molto spesso una perdita di tempo, ma soprattutto credo che stiano cambiando la società.

Quante volte per strada vedi qualcuno con il cellulare a metà tra il viso e l’orizzonte pronti a registrare “mmm… dunque… ora ti dico…”
E quante altre volte senti voci alterate da una velocità 2x, 4x?

Ecco… forse non tutte le situazioni giustificano un audio, ma ce ne sono altre in cui vale veramente la pena usare questo tipo di comunicazione.

 

VALE LA PENA SE

 

Vale la pena registrare un audio se ciò che devi dire è un messaggio che va spiegato. A parole molte volte ci spieghiamo meglio rispetto a quando scriviamo. La scrittura merita più tempo, più precisione e a volte, paradossalmente, più parole.

Vale la pena se la comunicazione è davvero asincrona. Ad esempio, lascio un messaggio a qualcuno che so che in quel momento non lo può ascoltare. Di ritmi lavoro/non lavoro diversi? Problemi di fuso orario? Ecco che lasciare un messaggio può essere utile. Soprattutto se il destinatario ha piacere di compagnia o di sentire la tua voce, per cui un messaggio registrato ha un valore in più: spesso la voce, il tono ci regala un’emozione o una coccola. Allo stesso modo una chiacchierata in forma di vocali tra amici ci sta. E per il lavoro… una mail va benissimo in questi casi 😉

Vale la pena anche in casi urgenti quando scrivere è un problema: camminando per strada ad esempio. Occhio però ai rumori di sottofondo e a non farla diventare un’abitudine!

 

NON VALE LA PENA SE

 

Non vale la pensa se è un botta e risposta: telefona piuttosto.

Non vale la pena se ci sono altri modi più efficaci per questa comunicazione. Un vocale è molto moderno, alla moda, ma questo non significa che i “vecchi” sistemi di comunicazione non siano più validi. Telefonate, mail, messaggi e incontri veri e propri hanno tutti le loro funzioni e il messaggio deve essere veicolato attraverso il sistema più adatto.

È il contenuto della comunicazione a determinare il mezzo, non viceversa.

Se è una scusa per evitare la pigrizia di scrivere. Nessuno di noi ama perdere tempo al cellulare e ascoltare un audio significa investire lo stesso tempo impiegato nella registrazione. Al contrario, se scrivi bene (in modo chiaro, sintetico e corretto) fai risparmiare tempo. Ci hai mai pensato?

Ecco questa è la caratteristica principale che vorrei evitare in un audio, che diventasse una pigrizia nello scrivere, che non ci desse più la possibilità di fare mente locale su ciò che vogliamo comunicare e sul farlo in modo chiaro, sintetico e corretto, come anticipavo prima.

Anche se non è a mano, anche questa scrittura permette di fare chiarezza nei pensieri.

 

Se è proprio la pena di mandare un vocale, ecco cinque regole d’oro per renderlo efficace e piacevole per chi lo ascolta:

  1. Chiarisciti le idee

Evita “sbrodolamenti” dovuti al fatto di non esserti chiarito il contenuto del messaggio prima di far partire la registrazione. Quindi no ai “mmmm” “allora” e via dicendo.

  1. Sintesi prima di tutto

Anche se è un vocale, evita di ripetere più volte il concetto, se non è chiaro può essere riascoltato. Una sintesi finale ci sta, una ripetizione dei concetti in forma diversa anche no.

  1. Tempo al tempo

Non aspettarti mai che la risposta a un vocale sia istantanea, in caso contrario avresti dovuto chiamare. Dai il tempo di ascoltare e di pensare la risposta.

  1. Prepara chi ti ascolta

Contestualmente al vocale lascia un messaggio dicendo di cosa parlerai e, se lo fai in un gruppo, a chi è diretto il messaggio. Così farai in modo che i destinatari possano scegliere il momento migliore per ascoltarlo.

  1. Ok, ma che non sia un’abitudine

L’ho detto, ma lo ripeto. Scegli di mandare un vocale con intenzione, quindi fallo solo quando serve e comunica questa cosa, non dire “scusa se ti mando un vocale”, che è un modo per far irritare chi ti ascolta dicendo “so bene che non dovrei farlo ma”. Un inizio migliore potrebbe essere “ti mando un vocale perché … e devo dirti 3 cose: a, b, c.”

 

Hai capito che non amo i vocali, ma che li uso anch’io. Se lo faccio cerco di essere quanto più rispettosa possibile nei confronti di chi mi ascolta. E se anche tu odii le interruzioni come me, da oggi ci penserai una volta in più prima di avviare la registrazione e spero tu possa fare tuoi anche i cinque punti che ti ho descritto.

Ce ne sono altri per te fondamentali? Scrivimeli nei commenti!

 

 

Photo by Tran Mau Tri Tam- Unsplash
Archi…tips!

Archi…tips!

Di archivi potrei parlarti per settimane, ma oggi voglio andare al sodo e darti tre elementi pratici per gestire meglio i tuoi dati.

Se li fai diventare un’abitudine, saranno organizzati nel modo più utile e funzionale per te.

Andiamo a vederli subito!

 

DATE

 

La data è fondamentale per capire quale sia la versione più recente e per ricordarti quando una cosa è accaduta. Vale per un’agenda, un diario, ma anche per una lista e… un elemento di archivio.

Solo che a volte possono essere utili per gestire l’archivio stesso. Lo diventano quando sono la chiave di ricerca principale per ritrovare un dato.

Ecco che per fotografie, rassegne stampa, raccolte ripetitive sono la cosa che permette di gestire l’ordine. Proprio perché sono così importanti diventano la cosa da scrivere per prima.

Qui ti aggiungo una nota… il come lo scrivi ti aiuterà ancora di più nell’ordine del tuo archivio e ti faciliterà il fatto di ritrovare i dati.

  • Se è la prima informazione ti consiglio la versione anno mese giorno così gli elementi andranno in ordine automatico.
  • Se invece è un elemento secondario giorno mese anno facilita la lettura. Mi è capitato di lavorare in strutture dove questi tre dati venivano scritti senza spazi, ma lo sconsiglio, perché, pare incredibile, ma non si percepisce quest’insieme di numeri come data.

 

NOME, MA ANCHE IL COGNOME

 

Spesso mi capita di notare che i nomi dei file sono giustamente collegati a chi li ha prodotti, ma in modo troppo familiare.

Facciamo un esempio molto semplice: la carta d’Identità.

Se è presente nei miei archivi personali come copia potrebbe essere “Carta Identità” o “CI” ma se la dovrò condividere dovrò aggiungere il mio nome, e qui scatta l’inghippo. Intanto il mio nome di battesimo non è poi così utile, forse il mio in particolare non rischia di essere confuso, ma in linea generale è molto meglio mettere sia il nome sia il cognome.

Anche qui però il concetto di metterlo prima o dopo dipende dall’uso. Nella maggioranza dei casi sarà un dato secondario quindi la versione più semplice è “Carta identità Selina Angelini” o “CI_Selina Angelini” (N.B. hai visto come ho usato spazi e underscore?).

Che lo usi tu o un’altra persona è probabile che lo cerchi perché è la carta d’identità e non perché è di Selina (Angelini).

Se lo nomini così fin dalla prima scansione sarà un elemento facile da condividere in velocità anche all’ultimo momento o con una mail dal cellulare senza dover ogni volta modificare il nome del file.

Fai tesoro di quest’esempio per documenti, curriculum e file di uso ricorrente.

 

PIÙ LO USI, PIÙ VA IN EVIDENZIA

Se utilizzi spesso un file fai in modo che sia realmente a portata di mano.
Come ti dico tante volte, tieni fuori dalle cartelle la versione più recente (aggiornata, si intende) e archivia, anche temporaneamente, il resto in una cartella di versioni “superate”.

Per la stessa ragione semplifica l’albero di cartelle per le cose che usi di più. Come sai il sistema di cartelle va creato in base al numero di elementi hai da archiviare: più sono, più sarà complesso, ma non vale la pensa cominciare subito in grande, anzi diventa controproducente. Quindi tieni a portata di mano, con un nome molto chiaro, ciò che usi.

Per la stessa ragione se tra tanti elementi c’è una selezione che ti interessa di più, mettila in chiaro, cioè in evidenza.

Un esempio?

  • In campo famigliare: delle fotografie che vuoi mostrare rispetto a tutte quelle scattate in vacanza.
  • Al lavoro: un rassegna stampa selezionata per una presentazione dell’azienda.

 

Spero che queste riflessioni ti rendano il tema archivi più piacevole e meno ostico.

E perché non ci facciamo due chiacchiere per fare in modo che i tuoi siano proprio utili a quello che serve a te?

 

Photo by Annie Spratt – Unsplash

Fai pace con le fotografie

Fai pace con le fotografie

Il tuo cellulare scoppia di fotografie? È un problema comune, posso assicurarlo.

Ecco qualche buona idea per non perdere le foto e venire a capo del tuo rullino.

 

NON PENSARE DI FARE TUTTO IN UN GIORNO

 

L’idea di mettere mano a un archivio disordinato e molto ingombrante fa paura a tutti. Per dirlo con parole più franche fa proprio venire il mal di pancia!

Il motivo è che non si sa da che parte affrontare il problema.

Andiamo nel pratico e vediamo qualche soluzione per mettere mano alle fotografie, attaccando il problema… ai fianchi.

  • Inizia con quelle più recenti, sarà più facile scegliere cosa tenere e cosa no, perché hai già in mente cosa è finito lì per caso, cosa c’è per sbaglio o perché “hai fatto quella foto per ricordarti una cosa solo per un momento”.
  • Datti dei tempi ben precisi e non troppo lunghi, ad esempio lavoraci per cinque minuti o dieci al massimo. Piuttosto fai più sessioni in una giornata, ma non strafare.
  • Procedi per livelli di approfondimento: cancella, ad esempio, prima tutte le cose arrivate per sbaglio, poi quelle che non ti servono più e solo dopo le foto sfuocate, i doppioni… questo perché faciliterai il processo decisionale e anche l’inerzia, del tutto normale, ad affrontare una grande mole di informazioni, che significano, una grande mole di decisioni.

 

IMPOSTAZIONI E SINCRONIZZAZIONI

 

Andiamo ora a lavorare sul problema a monte e cioè sulle impostazioni e sulla sincronizzazione.

Per evitare di perdere tutte le foto in caso di smarrimento più o meno accidentale del telefono, ti consiglio di fare in modo che tutte le immagini siano automaticamente archiviare in un cloud. Ne basta uno, non occorre sia un’impostazione attiva su tutti i tuoi profili.

Anche se ti affidi a un back-up online, non vale la pena che il cloud diventi un marasma di dati dove ritrovare una foto sia come la ricerca del senno di Orlando sulla luna.

  • Imposta sì la sincronizzazione, ma fai attenzione a quali cartelle vuoi che vengano copiate e quali no.
  • Se hai piacere di tenere alcune fotografie particolare sul cellulare, poche mi raccomando, fai una copia sul cellulare e disattiva la sincronizzazione.
  • Controlla e svuota periodicamente le cartelle dove inavvertitamente possono essere salvate immagini: download e cartelle delle App.

 

OK IL CELLULARE MA…

 

È vero che ormai si fa una fotografia per ricordare tutto: una cosa da comprare, una citazione che ci piace, una slide di un convegno, un orario di un negozio… e così potrei continuare veramente a lungo… ma è anche vero che la galleria o rullino che sia non è il luogo delle note.

Quindi, se hai fatto una foto per ricordare qualcosa, fai anche in modo che quel qualcosa finisca più velocemente possibile nel posto giusto e non appesantisca le fotografie.

Se non lo farai, sarà come perdere l’appunto, equivale cioè a dire che potevi anche non scattare quell’immagine. Pensaci al prossimo “faccio giusto una foto”.

Per chiudere un ragionamento un po’ vecchio stile: credo che ogni tanto valga comunque la pena scaricare le fotografie, archiviarle nei propri supporti e stamparne qualcuna.

È vero che I nostri smartphone ormai fanno anche il caffè e che spesso non si usano più machine fotografiche, scanner e che si parte dal telefono per la condivisione di un’immagine, ma se pensi alla storia di ciò che le foto raccontano… una stampa ogni tanto vale sempre il lavoro!

 

 

Photo by Annie Spratt – Unsplash

Il tempo è soggettivo?

Il tempo è soggettivo?

Secondo il Sistema Internazionale, l’unità di misura del tempo è il secondo.

Il campione ufficiale del tempo è pari a 9.192.631.770 periodi della radiazione emessa da un atomo di cesio quando salta fra due determinati livelli energetici.

Non segui già più? Ci sta, lo so.

Quello che voglio dire è che esiste un sistema di misurazione del tempo che lo definisce in modo assoluto, uguale per tutti e in tutti contesti, ma quello che sperimentiamo noi, nella vita quotidiana, è che… il tempo può essere di tanti tipi: oggettivo o soggettivo, ma assoluto o relativo.

Ci hai mai pensato?

Il tempo oggettivo è quello che non cambia rispetto a chi lo fa: se io o tu guardiamo un film, impieghiamo lo stesso tempo, idem se facciamo un viaggio in treno.

Il tempo soggettivo è la nostra percezione dello stesso: sarà più lunga o corta a seconda di quanto una cosa ti piace o ti pesa. Si dice infatti che il “tempo vola” o che “il tempo non passa più”, giusto?

Ma può esserci anche un assoluto e un relativo… e cioè la durata di un fatto di per sé: un viaggio, il tempo di funzionamento di una macchina ma che poi diventa relativo e che quindi può subire modifiche. Nel viaggio si possono fare delle soste, il tempo di esercizio di una macchina dipende da come io la imposto.

Questa relativizzazione è quello che ci aiuta nella gestione del tempo.
È il passo che ci permette di passare dall’astratto al reale.

E su questo vorrei fare con te due considerazioni importanti.

La prima è che, quando pensi al tempo, lo pensi rispetto al suo valore assoluto.

“Domani ho una riunione dalle 10 alle 11” e il tuo cervello pensa di essere impegnato un’ora. Poi nel concreto si aggiungono i famosi tempi dimenticati: tempi di apertura, chiusura, tempi di preparazione della riunione, eventuali ritardi…

La seconda è che, quando pianifichi al tempo, pensi ancora una volta al valore assoluto delle attività.

Voglio iniziare ad andare in palestra due sere a settimana. Peccato però che finisci di lavorare alle 7 e che alle 9 hai fissato, per le prossime due settimane, due incontri con amici di vecchia data.

Il tempo va gestito pensando non solo a quanto un’attività dura, ma anche a quelle che sono già in essere, a quelle cioè che incontra nella vita reale, che non possono essere cancellate e che è inutile non considerare.

A tutto questo aggiungi il primo concetto, cioè l’oggettivo e il soggettivo.

Impara cioè a ricordarti che se qualcosa non ti piace, ci metterai di più a farlo. E in questo senso il consiglio è sempre quello di imparare dalle esperienze passate: quando sbagli e sottostimi il tempo molto probabilmente è successo questo: era una cosa nuova, non ti piaceva o è successo un imprevisto.

Quando pianifichi non considerare il tempo oggettivo, ma quello soggettivo: quando non sai, non ti piace, sovrastima.

Inutile dire che, in tutti i casi, oggettivi o soggettivi, assoluti o relativi, in più aggiungi il tempo per l’imprevisto!

Sì, un atomo di cesio ti aiuta a misurare il tempo, ma una buona consapevolezza dei tuoi tempi ti aiuta a pianificarlo.

 

Fai spesso quest’errore di non valutare bene il presente, i tempi delle attività e la tua pianificazione va in fumo? Iscriviti al webinar gratuito “basta procrastinare” del prossimo 6 ottobre alle 14.00 e il primo passo sarà fatto!!

 

 

Photo by Age Barros – Unsplash

Contenitori e valigie

Contenitori e valigie

Ti insegno a fare tue le cose che ti vengono meglio e a portarle da un ambito a un altro, come per dire che se qualcosa funziona, è bene usarlo in più ambiti.

Beh, per le valigie, razzolo male. Ho sempre utilizzato contenitori e sotto contenitori per gli zaini e solo di recente mi sono convertita ai contenitori nelle valigie.

Come mai?

Beh, in uno zaino sono a dir poco indispensabili. Poter fare e disfare velocemente, prendere qualcosa che si è dimenticato sul fondo, non scordare nulla in giro… sono tutte ottime ragioni per avere le cose ben ordinate in contenitori.

In più i contenitori per gli zaini sono pratici sacchetti impermeabili che consentono anche di schiacciare meglio le cose facendo occupare meno spazio e di tenerle asciutte.

Ma come mai non li ho usati per le valigie?

Perché nelle valigie funzionano solo se le cose non sono molte. Vivevo nel desiderio di riempire ogni spazio e quindi poter incastrare calzini tra le scarpe e le scarpe tra gli abiti era necessario.

Poi le mie valigie si sono alleggerite e i miei viaggi sono cambiati e per questo condivido con te due riflessioni sui contenitori, quelli grandi, cioè le valigie propriamente dette, e su quelli piccoli, cioè le buste porta abiti.

 

I CONTENITORI GRANDI, LE VALIGIE

La valigia dipende dal viaggio.

Sì in aereo la valigia rigida è più sicura, ma quella morbida è più adattabile. Lo zaino fa figo in viaggio, ma è terribilmente scomodo per tirare fuori le cose a colpo sicuro, soprattutto dal fondo, spesso va fatto e rifatto ogni volta e via via assume contorni improbabili. Avere le cose in spalla però è molto più pratico e se si tratta di viaggi di pochi giorni, uno zainetto è molto più efficace di una piccola borsa. Inutile dire che in montagna è indispensabile ed è meglio se è senza tasche o fronzoli vari.

Devi poter essere sicuro che il tuo bagaglio protegga ciò che c’è dentro.

La valigia rigida tiene l’acqua, quella morbida no. Lo zaino è facile da aprire, anche per un estraneo, ma se è piccolo può stare sempre con te.

Come scegliere dunque? In base a dove andrai e a quante volte aprirai il tuo bagaglio.

Più il tuo bagaglio diventa il tuo strumento, più deve essere accessibile, gestibile e maneggevole.

In breve, devi poter raggiungere ciò che ti serve nel minor tempo possibile e allo stesso tempo devi non dover pensare in continuazione al tuo bagaglio.

Le tue valigie fanno questo per te?

 

I CONTENITORI PICCOLI, I SACCHETTI

Se il tuo viaggio è unico, senza stop, i sacchetti sono di fatto un di più.

Ma se le tue vacanze sono itineranti o le valigie contengono cose di più persone o non potrai contare su un supporto, ad esempio di un armadio una volta a destinazione, i contenitori offrono indubbi vantaggi.

I contenitori permettono infatti di dividere, catalogare, tenere più compatti gli indumenti.

Ma anche qui, non sono tutti uguali.

Meglio, infatti, se in valigia creano un incastro perfetto e se sono comunque un po’ morbidi e adattabili. Evita però che siano troppo grandi, le cose all’interno si muovono troppo, si stropicciano e ripregati occupano comunque più posto del necessario. Sceglili poi di colori diversi, così da aiutarti a ricordare cosa c’è dentro.

Ultimo trucco, non meno importante… hai mai pensato a cambiare l’ordine delle cose all’interno? Questa può essere una buona soluzione se le tue vacanze sono itineranti e varie. Non dividere i capi per tipologia (magliette con magliette), ma per uso (ciò che uso la sera o di notte, un cambio completo per il giorno). Questo ti permetterà di disfare meno volte la valigia, di essere più veloce, e di dimenticare meno cose in giro.

E per le cose sporche? Beh… qui vale il tetris libero! Ma ricorda, piegate occuperanno comunque meno posto!

 

E la tua valigia perfetta che forma ha?

 

 

Photo by Haupes – Unsplash